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mercoledì 15 maggio 2013

La parola al cibo: articolo di Daniele Ciolfi


Eccoci all'appuntamento con Susi e la rubrica mensile....ma oggi una piccola sorpresa....
Io vi ricordo come sempre Il Ricettario...potete partecipare anche voi!! (cliccate sulla foto per maggiori dettagli)...vi lascio a Susi..



Ciao a tutti.
Per questo mese interrompiamo il nostro viaggio alimentare per una parentesi diversa.
Vorrei farvi leggere un articolo scritto da un mio collega, che ci spinge a riflettere su cosa mettiamo nel piatto.


L’attenzione rivolta all’alimentazione negli ultimi decenni non ha eguali nella storia dell’uomo. Ogni cittadino di un Paese occidentale o comunque industrializzato ha, in ogni momento, la possibilità di essere informato riguardo ciò che mangia: caratteristiche peculiari di un alimento, origine della materia prima, filiera di produzione del prodotto finito, composizione dei nutrienti all’interno, quantità di calorie presenti e inoltre ha la possibilità di essere aggiornato dagli studi medici e di settore riguardo la chimica e la biologia dei prodotti. Ma non solo. Infatti, negli ultimi anni, l’interesse per l’alimentazione o, più in generale, per tutto ciò che riguarda il mondo del cibo è dilagato anche nei canali di comunicazione di massa per merito di rubriche giornalistiche, forum internet e format TV o web dedicati alla cucina e a tutto il mondo che ne gira intorno: i cosiddetti “cooking shows”. Beh, direi che ormai si sente e si mangia di tutto!
Dato che siamo ormai ‘cannibali’ di informazioni sull’argomento “alimentazione”, vorrei, anche io, dare una mia opinione sulla materia in discussione e approcciare all’argomento ricostruendo una breve storia dell’uomo e delle sue abitudini alimentari.
Il genere umano, come tutti sappiamo, ha avuto un percorso evolutivo molto complesso e, ancora oggi, continuiamo ad approfondire il discorso in merito alla nostra origine. Ovviamente non è questa la sede né, tantomeno, abbiamo referenze per poterne discutere, però possiamo avvalerci del nostro intelletto e della nostra curiosità per riflettere su come la nostra alimentazione e nutrizione si siano adattate al nostro cambiamento fisiologico o anche semplicemente comportamentale.
Per poter portare avanti questa riflessione, bisogna considerare l’ultimo grande passo evolutivo del genere umano che si riscontra nel  Paleolitico inferiore e superiore; in questo periodo preistorico si sono distinte rispettivamente due discendenze evoluzionistiche: l’uomo di Neanderthal e l’Homo Sapiens. Questi due uomini, i più simili a noi oggi, sono vissuti in aree geografiche completamente diverse ma avevano molti elementi che li accomunavano, tra i quali spicca la caratteristica di essere entrambi predatori, cacciatori, pescatori e anche raccoglitori di vegetali occasionali come bacche, arbusti, radici e cose di genere simile. Dunque, è evidente che i nostri progenitori conducessero uno stile di vita nomade il quale obbligava loro ad una economia di sopravvivenza. Ovviamente erano a conoscenza dell’uso del fuoco; dunque la loro dieta era sì prevalentemente vegetariana ma non mancava loro la possibilità di avere un apporto proteico da carni animali o pesce. Questo periodo storico possiamo dunque definirlo “pre agricolo” e fu tale fino all’ultima grande glaciazione.
In seguito a questa ultima glaciazione e dopo che la situazione climatica migliorò, l’Homo sapiens sapiens poté dare un cambiamento radicale al suo stile di vita e quindi, conseguentemente, alla sua alimentazione. Infatti la sedentarietà, che iniziò a caratterizzare l’uomo, indusse tutte le comunità ad abbandonare un modello di vita nomade basato sull’economia di sussistenza e preferirono stanziarsi e dedicarsi all’agricoltura e all’allevamento, migliorando notevolmente la qualità della loro vita e definendo così una imponente crescita demografica. Questo periodo definito appunto “agricolo” (10 mila – XVI secolo D.C.) vide inoltre sorgere tantissime nuove tecniche di lavorazione della terra e anche gran parte della tecnologia agricola in uso fino al successivo periodo che andremo ad analizzare, cioè il periodo “agricolo-industriale”.
Infatti dal XVII secolo in poi, l’uomo ha cambiato radicalmente gran parte delle usanze in voga fino al periodo precedente. Per merito della rivoluzione scientifica e dell’industrializzazione, non solo vi sono stati cambiamenti nel settore meccanico, tessile, siderurgico, manifatturiero ed altri ancora, bensì anche l’industria alimentare cominciò a svilupparsi. È proprio in questo momento storico che l’idea della produzione in serie viene accolta anche nel settore agro-alimentare; dunque iniziano a sorgere fabbriche e marchi che ancora oggi sono presenti nei nostri supermercati. Queste aziende, infatti, hanno favorito un nuovo modello di alimentazione e soprattutto hanno dato vita alla contemporanea vena consumistica del settore alimentare di cui, noi tutti, oggi siamo spettatori. Il cibo non era e non è più qualcosa da dover ricercare e non vi è neppure più bisogno che tutti coltivino il proprio orticello per poter poi mangiare, poiché ormai la produzione in grandi quantità di alimenti è a carico di importanti aziende. Questo modello ha dei vantaggi e degli svantaggi come anche gli altri due esposti in precedenza. Infatti uno dei grandi vantaggi è quello di poter garantire l’approvvigionamento continuo dei mercati, non rischiando mai periodi di assenza di cibo come accadeva nei secoli precedenti, i quali spesso erano caratterizzati da carestie ed altre sciagure che piegavano le comunità; conseguentemente, un secondo vantaggio è stato quello di favorire una diversificazione dei prodotti alimentari molto importante che ha ampliato la dieta umana; un terzo vantaggio è stato quello di aver distrutto le barriere culturali legate al cibo ed aver favorito una globalizzazione dell’alimentazione. Purtroppo, però, vi sono anche degli svantaggi, a mio avviso, come il sistema di lucro generatosi sull’industria agro-alimentare. Non produciamo più cibo per sfamarci e garantire al nostro organismo il giusto apporto nutrizionale ma le grandi multinazionali, sfamandoci, arricchiscono le loro casse producendo un business malsano ed eticamente discutibile, nel quale è presente anche il concetto consumistico del produrre più di quanto serva effettivamente.
Inoltre vi è una ben più importante e toccante questione da analizzare in seguito all’ultima evoluzione del sistema agro-alimentare. Noi generazioni contemporanee, figlie e vittime di questo sistema di produzione del cibo abbiamo perso coscienza della filiera produttiva delle materie prime con cui sono fatti i nostri alimenti; ad eccezione di pochissime realtà che hanno avuto il piacere di essere a contatto con la vita contadina, la maggior parte dei giovani, negli ultimi decenni, sono solo consumatori del prodotto finale. Ciò ha creato un gap generazionale tra giovani e nonni, i quali, questi ultimi, non solo erano consumatori del prodotto finale, ma erano anche produttori delle materie prime, garantendo così un cibo sano e sicuramente genuino.
Le conclusioni in merito a ciò che ho voluto raccontare in questo articolo non posso evidenziarle in quanto, come ho detto in precedenza, questo scritto non ha nessun valore scientifico ma è una semplice riflessione a voce alta e uno spunto per chiunque lo leggesse.
di Daniele Ciolfi per la rubrica “Nutrition network”


SUSI ABBONDANZA consulente nutrizionale e d’integrazione.    susiabbondanza@gmail.com

Per qualunque domanda non esitate a contattarmi, mi farebbe molto piacere!!!!!!

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